Don Ascenzo De Rosa - Alla scoperta di Civitella Roveto

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Don Ascenzo De Rosa

Personaggi

La piazza antistante il Monumento ai Caduti è stata da qualche anno dedicata ad un sacerdote, Don Ascenzo De Rosa, insignito di medaglia d’argento al valor militare.
Non tutti conoscono questo civitellese, soprattutto i più giovani; e poi cosa c’entra un prete con la seconda guerra mondiale e con una medaglia?
Ascenzo De Rosa nacque a Civitella Roveto il 25 gennaio del 1915 (solo qualche giorno dopo il terribile terremoto di Avezzano) da Emilio e Palma Roscis.

Il padre sergente maggiore dell’esercito, perì nella prima guerra mondiale, ed Ascenzino (così veniva chiamato dai parenti e dagli amici) non potè mai conoscerlo. Entrò da ragazzo nel seminario di Sora, fu ordinato sacerdote e  celebrò la sua prima messa attorniato da amici e parenti proprio nel nostro paese, il 23 luglio del 1939. Dopo aver sostituito per qualche mese il sacerdote che officiava  a Meta, fu richiamato dal vescovo in diocesi, per svolgere lì il proprio ministero.
Nel 1941 entrò nelle file dell’esercito come tenente cappellano e fu inviato sul fronte russo col Corpo di Spedizione Italiano. Nel 1942 gli alpini della Julia, di cui faceva parte Don Ascenzo, erano attestati sulle rive del Don. Convinti di dover trascorrere l'inverno in quella precaria posizione, avevano provveduto a crearsi dei ricoveri di fortuna, scavando buche e camminamenti per ripararsi dal freddo (20 - 30 gradi sotto zero) e dall'eventuale fuoco nemico.
Nel dicembre dello stesso anno, la zona del fronte, tenuta dalle divisioni rumene, aveva ceduto a causa di ripetuti attacchi nemici, superiori per uomini, mezzi ed armamenti. Per tamponare la falla, fu spostata la Julia, che riuscì a contrastare ed arginare l'avanzata nemica, anche se a caro prezzo. Verso la metà del gennaio 1943 giunse l’ordine di ritirata, ma sganciarsi dal nemico non fu cosa facile, anche perché i sovietici accortisi dell’evolversi della situazione, riversarono sulla Julia tutto il loro rabbioso deterrente, seminando morte e distruzione. “Alpini non fermatevi! La salvezza è ad Ovest”, si sentiva gridare, ed essi continuavano ad affondare nella neve, a cadere, rialzarsi e proseguire verso l'illusoria salvezza. Nei pressi di Rossosch, gli alpini si resero conto di essere accerchiati, senza via di scampo. In quella conca iniziò un vero sterminio, i nostri soldati venivano falciati dal piombo nemico.
Il Tenente Cappellano Don Ascenzo De Rosa incurante del pericolo, scivolava da caduto in caduto ad impartire i sacramenti, a chiudere gli occhi ai morti, a consolare i moribondi. Alcuni suoi commilitoni accortisi che poco lontano, al di là di un boschetto, vi erano alcune isbe occupate dai soldati russi. Questi, durante la notte, ubriachi, bivaccavano all'interno delle fatiscenti casupole. All'esterno due sentinelle montavano la guardia a ridosso di quattro carri armati, schierati a ventaglio intorno alle isbe. Con un pò di fortuna si potevano eliminare le due sentinelle e poi sorprendere nel sonno il resto dei soldati, creando così un varco che permettesse a molti di uscire dall'accerchiamento. Don Ascenzo, lottando con la propria coscienza, ma ritenendo di poter salvare veramente molte vite umane, radunati alcuni volontari, guidò gli alpini a tentare la sortita. Il colpo di mano riuscì. Molti alpini ed altri soldati sbandati ebbero così la possibilità di uscire dalla sacca, verso la libertà. Don Ascenzo e altri alpini, inghiottiti dagli eventi, non fecero più ritorno.


ENCOMIO SOLENNE E UNA CROCE DI GUERRA CON LA SEGUENTE MOTIVAZIONE:
“Comando del XXXV Corpo d'Armata (CSIR) - 27 ottobre 1942 - V Sezione Sanità - Al tenente cappellano De Rosa Ascenzo fu Emilio e di Roscis Palma nato il 25 gennaio 1915 a Civitella Roveto. Motivazione: cappellano militare di Sezione Sanità nel settore di un reggimento di fanteria impegnato in duri combattimenti, si prodigava per più giorni in favore dei morenti. Si recava spesso presso i reparti più avanzati impegnati nella lotta, e sprezzante delle offese nemiche portava i conforti della religione ai moribondi sul campo di battaglia. Il Generale di Corpo d'Armata Giovanni Messe”.


 
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