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San Benedetto in Pascusano
La prima chiesa di Civitella Roveto di cui si ha memoria è quella di San Benedetto di Pascusano. Le prime notizie sul monastero e sulla chiesa di San Benedetto di Pascusano risalgono al sec.XI, e riguardano alcune donazioni fatte dall’abate Desiderio di Montecassino. Nel 1066 i nomi delle abbazie di Civitella, San Nicola di Balsorano e Sant’Angelo di Pescocanale furono incisi sulle porte di bronzo, che erano state fatte a Costantinopoli, che ornavano le porte della chiesa del monastero di Montecassino. Lo stesso abate, tra gli obblighi dei monasteri elencati nello statuto da lui emanato, inserì il nome del monastero di San Benedetto di Pascusano tra quelli che ogni anno dovevano offrire un pranzo all'abbazia di Montecassino.
Altre notizie sulla chiesa e sul monastero risalgono al sec. XIV e nel secolo XV il consiglio dei monaci di Montecassino affidò a frate Andrea da San Germano l'amministrazione delle abbazie di San Germano di Sora, San Nicola di Balsorano, San Benedetto di Civitella e San Pietro di Morino, che da tempo erano rimaste vacanti. Papa Sisto IV nel 1474 confermò l'appartenenza della chiesa e del cenobio a Montecassino. Nei primi anni del sec. XVI l'abbazia passò alle dipendenze del vescovo di Sora. Si è persa memoria dell'ubicazione del monastero e della chiesa di San Benedetto di Pascusano. Secondo la tradizione essi sorgevano sul Colle Paschisciano, che sovrasta la collina denominata “Santo Beniditto” e l’attuale località “Paschisciano”.
A “Santo Beniditto”, distante circa due chilometri dal Colle, e precisamente nella località detta “La Lamata”, intorno al 1965 furono rinvenute, mentre venivano fatti dei lavori stradali, delle tombe con coperchio di terracotta; potrebbero essere i resti di un cimitero e di un probabile insediamento monastico.
Altra località nelle vicinanze di Civitella che fa presumere la presenza di un cenobio è la contrada Pallocco, non lontana dal Liri e vicina al Fosso di San Benedetto. In un casale formato da piccole stanze, i sottostanti muri perimetrali presentano delle volte ad arco a tutto tondo, che dovevano sostenere una robusta struttura muraria. E’ probabile che quei resti si debbano attribuire alla chiesa rurale di Santa Maria delle Celle, il cui toponimo richiama le abitazioni dei religiosi.
San Biagio
La chiesa rurale di San Biagio era di antica fondazione. Il primo beneficiato fu don Angelo Di Giorgio di Capistrello, morto il 10 ottobre del 1580. Il giorno 20 dello stesso mese fu nominato suo successore, nel possesso del beneficio ecclesiastico, don Ercole Bonadio.
Della chiesa si fa memoria nella Visita pastorale fatta dal vescovo Maurizio Piccardi nel 1663. Le notizie sulla situazione dell'edificio sacro sono però contrastanti. Dalla descrizione fatta durante la visita pastorale si rileva che la chiesa, eretta sopra un monte verso Civita d'Antino, era stata completamente distrutta e di essa si era perduta anche la memoria.
Il parroco don Giovanni Domenico Campana nell’incontro avuto in quella circostanza col vescovo riferì invece che la chiesa era in rovina, ma non del tutto distrutta. Essa era sita nella località montagnosa detta San Biagio, e aveva bisogno di restauri.
Dopo l'abbandono della chiesa rurale, il beneficio fu trasferito nella chiesa parrocchiale, e in essa fu eretto un altare dedicato a San Biagio, sul quale venne posto il quadro che prima ornava la cappella rurale (forse la pittura più importante della chiesa parrocchiale probabilmente da attribuire alla scuola del Tiziano). Da notizie tramandate dagli anziani del paese, la chiesa doveva trovarsi nei pressi della località “Cisterna” anche se non se ne conosce l’ubicazione precisa.
San Rocco
L'unica notizia sulla chiesa di San Rocco risale al 1593. Il vescovo Marco Antonio Salomone la visitò in quell'anno, e dispose che venissero fatti un crocifisso e un banco con inginocchiatoio. La chiesa fu allora interdetta perché mancava degli arredi sacri necessari al culto.
Dopo le disposizioni del vescovo, la chiesa di San Rocco fu forse abbandonata, e andò rapidamente in rovina; infatti, essa non è più nominata nelle visite pastorali successive.
L'edificio sacro era stato eretto probabilmente per voto della comunità durante qualche pestilenza, come avveniva ordinariamente per le chiese dedicate al Santo, che era invocato come protettore durante le epidemie.
Santa Maria del Colle ( o del Pesculo)
La prima notizia della Chiesa risale al 22 settembre 1617, quando il vescovo mons. Girolamo Giovannelli vi si recò, in occasione della sua visita pastorale.
La chiesa rurale, sita a poca distanza dalla Porta da Basso, venne in seguito visitata dal vescovo Felice Tamburrelli nel 1639. Il vescovo, avendo riscontrato delle penetrazioni d'acqua nell'interno, ordinò che entro quindici giorni fossero eseguite le riparazioni necessarie, con la minaccia del sequestro dei beni.
Nella visita pastorale fatta dal vescovo Maurizio Piccardi nel 1663, alla denominazione di Santa Maria del Colle figura aggiunta quella del Pesculo. Nella chiesa era eretto un unico altare con tabernacolo ligneo, sul quale era collocata la statua della Madonna col Bambino, in parte dipinta e in parte dorata. Ai due lati dell'altare erano raffigurate le immagini di San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista. Presso l’altare era scavata una fossa dove, secondo la voce popolare, era stato ricercato invano un tesoro.
Il pavimento era lastricato di mattoni, ma era inondato dalla pioggia che cadeva dal tetto e l'aveva quasi tutto rovinato. Una parete doveva essere riparata perché minacciava di crollare, e un’altra era deturpata con segni di carbone.
L’unica porta, sconnessa, rimaneva sempre aperta, e spesso nella chiesa trovavano rifugio uomini facinorosi. A destra dell'ingresso era collocata sul tetto una piccola campana, e nelle vicinanze si potevano osservare i ruderi di un'antica abitazione.
Il beneficio, che fruttava 40 ducati l’anno, era allora posseduto dal romano don Marcello Severoli, e non comportava particolari oneri di messe.
Il vescovo impose, dietro minaccia del sequestro dei beni, che nel termine di quattro mesi fossero fatte le riparazioni necessarie e si provvedesse alla chiusura della porta per evitare la profanazione del luogo sacro.
Nel 1708, al tempo della Visita pastorale fatta dal vescovo Matteo Gagliano, il beneficio della chiesa era posseduto dal cardinale Carlo Colonna, fratello del connestabile Magno Colonna.
A causa dello stato rovinoso dell'edificio sacro la campanella e la statua della Madonna erano state trasferite nella chiesa parrocchiale. Nuove informazioni sulla chiesa sono contenute nelle relazioni per le Visite pastorali fatte dal vescovo Tommaso Taglialatela nel 1767 e nel 1769.
L'edificio sacro era di giuspatronato del principe Colonna, e il beneficio era posseduto dal cardinale Marc'Antonio Colonna. La chiesa era in pessimo stato, col tetto scoperto, e la statua della Madonna era stata nuovamente trasferita in essa e collocata in un'urna senza vetro. Il vescovo sollecitò che venissero praticati i restauri e si procedesse all'acquisto degli arredi sacri necessari.
Nel 1783 il vescovo Giuseppe Maria Sisto y Britto vide che i restauri erano stati praticati, ma occorrevano nuove riparazioni.
Nel 1798 il beneficio era assegnato a don Giuseppe Mattei di Avezzano. Il 19 luglio 1818 il principe Filippo Colonna investì del beneficio don Francesco Mattei, pure di Avezzano. Nel 1822 egli entrò nell'Ordine dei Domenicani e prese il nome di Domenico, ma ottenne dalla Santa Sede di poter conservare i suoi diritti sulla chiesa.
Il vescovo Giuseppe Montieri nel 1839 impose che venissero acquistati gli arredi sacri e che la chiesa fosse restaurata e imbiancata entro quattro mesi a spese del beneficiato, con la minaccia del sequestro delle rendite.
Con decreto ministeriale del 15 aprile 1853 furono sequestrati nella Valle Roveto i benefici di Santa Maria del Colle o del Pesculo, San Pietro di Morino, San Benedetto di Meta, San Vito di Canistro e San Silvestro di Pescocanale.
Padre Domenico Mattei chiese il dissequestro del suo beneficio di Santa Maria del Colle perché la sua nomina era anteriore alla data del 20 luglio 1818 fissata dal decreto per l'incameramento. Il vescovo Giuseppe Montieri si oppose però alla richiesta, perché i redditi del sequestro dovevano essere impiegati per i restauri del tetto e del soffitto della chiesa e per l'acquisto dell'arredamento dell'altar maggiore.
Nel 1856, quando lo stesso vescovo ritornò a Civitella Roveto, il padre Domenico Mattei aveva riacquistato il possesso del beneficio. In quella circostanza gli fu imposto di riparare le pareti e il pavimento, di porre i vetri alle finestre e di sostituire la porta d'ingresso. Gli furono accordati tre mesi per l'esecuzione dei lavori, e nel frattempo la chiesa fu interdetta.
Padre Domenico Mattei morì nel mese di ottobre del 1864, e il 1 novembre successivo il duca Giulio Lante della Rovere, al quale era passato il diritto di patronato, presentò un nuovo candidato per l'investitura del beneficio.
L’ultima notizia sulla chiesa è contenuta in una relazione del 1873, nella quale si legge soltanto che i bambini non battezzati venivano sepolti presso i muri esterni dell'edificio sacro.
Verso la fine del sec. XIX l’edificio sacro non esisteva più. Esso era stato forse demolito in occasione della costruzione del vecchio cimitero, sito in prossimità della stazione ferroviaria.
Nella zona, nel 1919 restavano solo due cunicoli, ruderi di antiche terme romane, che erano stati adibiti a deposito di resti umani. In quell’anno le spoglie dei defunti vennero trasportate nel cimitero attuale, e i ruderi furono demoliti per destinare il terreno ad uso della Società Italiana Conglomerati e Laterizi, che vi edificò la fornace che fabbricava i mattoni.